Il Romanico in Valle di Susa

Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Luglio 2024 11:40
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Un itinerario in Valle di Susa tra abbazie, chiese e pievi romaniche: un patrimonio capace di unire arte, storia e paesaggio.

L’aspetto più affascinante dell’architettura medievale alpina è il legame che intreccia con il territorio e con le forme del paesaggio.

Il profilo modellato a U della Valle di Susa, di origine glaciale, offre un fondo abbastanza largo e terrazzi fluviali che favoriscono la nascita di insediamenti stabili, difesi dalle periodiche esondazioni della Dora Riparia. In queste aree l’erosione dei versanti rocciosi ha cumulato depositi adatti allo sfruttamento agricolo. È significativo che nelle zone dove si conservano i primi edifici romanici, i documenti ricordino anche la presenza di campi coltivati e di frutteti. Le chiese medievali sono il segno più antico della nuova antropizzazione diffusa del territorio dopo il Mille. Salendo sulle pendici dei versanti, dove mancano insediamenti stabili, questi segni si rarificano.

Il popolamento locale era favorito dal tracciato della Via Francigena, che offriva un percorso matrice per gli insediamenti umani. Nell’alta Valle non esistono testate cieche e un fascio di strade attraversava la catena alpina in direzioni diverse. Oltre ai valichi maggiori del Monginevro e del Moncenisio, erano aperti, nella conca di Bardonecchia, la Valle della Rho, verso la Maurienne, e in direzione delle terre delfinali il Colle della Scala, che sappiamo frequentato fin dall’epoca preistorica.

I nuovi insediamenti assumevano un assetto concentrato intorno alle chiese. Gli edifici sacri rimangono le uniche strutture conservate in alzato, realizzate in muratura con un netto salto qualitativo rispetto alle abitazioni comuni, fatte di legno e materiali deperibili. Le chiese erano gli spazi più rappresentativi per le comunità montane, poli di aggregazione inseriti nei punti emergenti del paesaggio alpino. I primi costruttori avevano sfruttato le risorse ambientali, utilizzando i materiali del luogo,  i ciottoli dei torrenti e i frammenti rocciosi raccolti dai detriti di falda. Nelle pareti ancora rozze e irregolari le pietre verdi derivate dai massicci cristallini, come la prasinite e la serpentinite, formano un mosaico ricco di riflessi cromatici. Alla fine dell’XI secolo, con l’apertura delle cave presenti  nella bassa valle, le maestranza sapranno valorizzare in modo nuovo, grazie all’aggiornamento delle tecniche costruttive, le risorse litologiche del territorio.

Insieme alle chiese destinate alle funzioni parrocchiali, una diffusa presenza monastica caratterizzava gli insediamenti religiosi della valle. Nell’età romanica possiamo così distinguere due tendenze a livello locale: l’architettura formata dalle chiese secolari, inquadrate nel sistema plebano, dotate di caratteri costruttivi ricorrenti, e l’architettura dei centri monastici, tutelati da una committenza ai vertici del potere, dove si concentrano le maggiori novità stilistiche e strutturali.

Alla Novalesa la rinascita dell’antico monastero fondato nel 726, devastato dalle incursioni saracene e da anni di abbandono, si colloca tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI. Le ricerche archeologiche hanno offerto un quadro articolato delle nuove costruzioni, che comportarono il recupero degli edifici sacri, delle strutture abitative e delle fabbriche comprese nel recinto claustrale. Le cappelle restaurate in questa fase rappresentano una testimonianza precoce del primo romanico in valle…

Il rilancio della vita monastica non si limitava al recupero delle antiche fondazioni, ma si dispiegava con maggiore incidenza sul territorio: tra il 983 e il 987 era nata sul monte Pirchiriano l’abbazia di San Michele della Chiusa. Partendo dalla prima chiesa costruita in onore dell’arcangelo, per tutto l’XI secolo erano proseguiti i lavori di ampliamento delle strutture religiose abitative, secondo uno schema a cappelle dislocate, collegate da percorsi devozionali. Le nostre conoscenze sulle architetture del primo secolo di vita della Sacra restano però scarse, per la radicale ricostruzione della chiesa maggiore odierna, innalzata sulla cima del Pirchiriano nel XII secolo. Per la fase primitiva la testimonianza più singolare conservata in alzato è rappresentata dai ruderi del Sepolcro dei Monaci, un edificio dedicato in origine alla memoria del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La costruzione si colloca nel periodo di maggiore diffusione del culto dell’Anastasis, che prelude ai successi della prima Crociata, e può essere assegnata all’età di Benedetto II, un abate originario della città di Tolosa, al governo della Sacra  negli anni 1066-1091. Il periodo corrisponde nella Valle di Susa alla politica di riforma ecclesiastica, vicina agli ideali cluniacensi, favorita dalla Contessa Adelaide. Caratteri che richiamano il grande modello architettonico di Cluny sono stati riconosciuti alla Sacra e a Novalesa, indicando l’aggiornamento delle rispettive comunità alle correnti più prestigiose del nuovo monachesimo, nel quadro delle vie di pellegrinaggio che si sviluppavano lungo i rami della Francigena.

Accanto ai monasteri più prestigiosi, però, si affiancava la presenza di comunità meno note ma attive nel contesto locale. Sul monte Caprasio, sul versante opposto della Valle che fronteggia il Pirchiriano, era nato un insediamento monastico, riunito intorno alla figura dell’eremita Giovanni Vincenzo. All’inizio dell’XI secolo si colloca la costruzione della Chiesa di Santa Maria a Celle, destinata ad accogliere la prima sepoltura del fondatore, che ancora conserva l’assetto primitivo del blocco orientale, formato dall’abside, dal campanile e dalla cripta sottostante…

I cantieri monastici aperti nella prima metà dell’XI secolo si affiancavano ai lavori di costruzione del patrimonio ecclesiastico secolare, inserito nella rete plebana. IL nuovo volto dell’architettura si può percepire nel panorama degli edifici ancora conservati. Il nucleo più antico  è costituito  dalle chiese ricordate in una serie di documenti legati alla dinastia arduinica, a partire dalla donazione della pieve di Santa Maria Maggiore di Susa alla cattedrale di Torino, siglata nel 1042 dal Marchese Enrico e dalla Contessa Adelaide. Nella politica signorile le chiese divenivano centri d’inquadramento territoriale, poli di riferimento religioso per la riorganizzazione delle comunità insediate sui versanti alpini.

Si delineava così il progetto ambizioso di una “Chiesa marchionale”. La nuova architettura era una componente forte nella politica arduinica, sviluppata con coerenza da Olderico Manfredi fino alle iniziative di riforma promosse dalla Contessa Adelaide…

Il primo romanico conservato nella Valle di Susa condivide i modelli dell’architettura lombarda, segno di una circolazione intensa delle maestranze, vere protagoniste del rinnovamento costruttivo. I contrasti politici e istituzionali non avevano impedito la diffusione delle esperienze artistiche. Le marginali diversità si riconducono a fenomeni contingenti, legati alla collocazione ambientale. Nell’ambito dei materiali, ad esempio, mentre nell’area alpina prevale nettamente la pietra, nelle strutture murarie della pianura e della collina torinese, si verifica un sistematico riutilizzo dei laterizi, disponibili in abbondanza nei ruderi romani. Le risorse ambientali avevano guidato le scelte dei costruttori, dal momento che i depositi di argilla, di origine alluvionale, si arrestano all’imbocco della valle, dove si allarga il conoide di deiezione della Dora. Negli edifici nati alle quote più alte i pochi frammenti laterizi di recupero erano riservati allemodanature decorative, alle cornici di archetti pensili che scandivano le pareti.

Il ricco catalogo degli edifici romanici ancora conservati riunisce un gruppo omogeneo di chiese che comprende il San Saturnino presso Susa, realizzato sulle fondazioni di un tempio pagano, le chiese di San Rocco a Condove, di San Didero a San Didero, di San Pancrazio a Vaie, di San Michele a Beaulard, la Parrocchiale di Sant’Ambrogio, i campanili di San Giorio, di San Mauro ad Almese, di Sant’Ippolito a Bardonecchia, di San Giovanni Battista a Salbertrand, di San Pietro a Exilles…

Negli edifici sopravvivono elementi consistenti della prima fase architettonica dell’XI secolo che richiederebbero di essere indagati.
Le chiese condividono caratteri omogenei, con strutture ad aula o a tre navate triabsidate, spartite da pilastri quadrangolari, murature irregolari, legate da malta abbondante, decorate da  semplici modanature limitate alle cornici di archetti pensili e alle polifore cigliate.

Sviluppi innovativi si riconoscono nella parrocchiale di Sant’Antonino, ricordata come “eddificata” e “consecrata” nel 1043, in una donazione concessa dal marchese Enrico e dalla Contessa Adelaide. L’edificio venne radicalmente ristrutturato a partire dal XVII secolo, ma si conservano la terminazione triabsidata, il campanile e ampi tratti del muro perimetrale sud.

A Susa la particolare collocazione topografica della Pieve di Santa Maria Maggiore, attualmente abbandonata in degrado e frazionata tra abitazioni private (facciata tangente alle mura romane), verrà ripresa, qualche decennio più tardi, con la nascita dell’abbazia di San Giusto, promossa dal marchese Olderico Manfredi presso il “murus ipsus civitatis”, come ricorda la carta di fondazione del 1029. La nuova chiesa era destinata a divenire un vero “monastero di famiglia”, prima per i marchesi arduinici di Torino e in seguito per i conti di Savoia, costante punto di riferimento per la gestione della politica ecclesiastica. Nella concezione architettonica si riconosce un netto salto di qualità rispetto agli altri edifici del romanico locale, caratterizzata da un impianto a tre navi spartite da pilastri e da un imponente transetto, dove si aprivano quattro cappelle ai lati dell’abside maggiore.

Testo tratto da “Il Patrimonio artistico della Valle di Susa”
“Architettura e paesaggio alpino nell’età romanica” di Carlo Tosco.

San Giusto di Susa - Cattedrale romanica

Galleria

Certosa della Madonna della Losa - Gravere

Certosa della Madonna della Losa - Gravere

Certosa della Madonna della Losa - Gravere

Sacra di San Michele - Sant'Ambrogio di Torino

Sacra di San Michele - Sant'Ambrogio di Torino

Sacra di San Michele - Sant'Ambrogio di Torino

Chiostro dell'Abbazia Benedettina dei SS. Pietro e Andrea - Novalesa

Chiostro dell'Abbazia Benedettina dei SS. Pietro e Andrea - Novalesa

Chiostro dell'Abbazia Benedettina dei SS. Pietro e Andrea - Novalesa

Chiesa di San Pietro - Avigliana

Chiesa di San Pietro - Avigliana

Chiesa di San Pietro - Avigliana - Isabella Atzori

Cripta della chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta - Celle

Cripta della chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta - Celle

Cripta della chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta - Celle

Chiesa di San Rocco - Condove

Chiesa di San Rocco - Condove

Chiesa di San Rocco - Condove

Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino martire - Sant'Antonino di Susa

Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino martire - Sant'Antonino di Susa

Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino martire - Sant'Antonino di Susa - Edoardo Schiari

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